lunedì, agosto 04, 2008

In memoria di Alexandr Solgenitsyn


Dal sito di "Repubblica"

E' morto il Nobel Solgenitsyn
Ha raccontato l'orrore dei gulag
ROMA - E' morto il premio Nobel che ha raccontato gli orrori dei gulag nei quali era stato rinchiuso e che fu poi espulso dall'Unione Sovietica. Alexandr Solgenitsyn si è spento a 89 anni per un infarto. Lo scrittore è morto nella sua casa moscovita. La notizia è stata data dal figlio Stepan.
Pur malato da tempo, continuava ad occuparsi delle sue opere, un'edizione completa delle quali è uscita in Russia proprio nei mesi scorsi.
Nel 1974 era stato privato della cittadinanza sovietica ed espulso dall'Urss. Aveva quindi vissuto in Germania, in Svizzera e infine negli Stati Uniti. Era tornato in Russia nel 1994, dopo la dissoluzione dell'Unione Sovietica.

Molto amato in Occidente ma non così apprezzato nel suo paese, Solgenitsyn fu lo scrittore che per primo ruppe il velo di silenzio che circondava i Gulag dell'Unione Sovietica. Il suo primo romanzo breve, 'Una giornata di Ivan Denisovic' che comparve nel 1961 sulla rivista 'Novyj Mir', fu un evento politico ma insieme letterario di straordinario rilievo. Momento fondamentale della sua fortuna insieme a 'Arcipelago Gulag', due opere attraverso le quali ha raccontato in modo esplicito, con i dettagli crudi della vita quotidiana, la realtà di campi di concentramento staliniani dove lo stesso scrittore fu recluso per oltre 10 anni a partire dal 1945, reo di aver alluso in modo improprio a Stalin in una sua lettera.

Era stato poi riabilitato, ma la sua battaglia contro il potere sovietico proseguì nei successivi romanzi, da 'Divisione Cancro' (1967), 'Il primo cerchio' (1969) con la forma di un grande talento letterario. Questi due romanzi, come le sue opere successive, saranno pubblicate soltanto in Occidente. E procurarono allo scrittore una popolarità che gli vale nel 1970 il premio Nobel per la letteratura.
A metà degli anni '70 arriva 'Arcipelago Gulag', l'opera colossale che ha causato la sua espulsione dall'Urss. Raccoglieva infatti dati, racconti e documenti mai così dettagliati fino a quel momento sulle deportazioni e i lager dell'epoca staliniana: Solgenitsyn lo aveva potuto portare a termine in 11 anni di lavoro grazie all'aiuto di compagni di prigionia e amici.
Dopo la cacciata dall'Unione Sovietica si stabilì a Zurigo e dedicò larga parte degli anni del suo esilio ad una serie di conferenze in giro per gli Stati Uniti e per il mondo dove raccontava in prima persona la sua testimonianza di dissidente.
Tornato in patria però non ebbe quella calda accoglienza che forse si aspettava e l'ostilità nei suoi confronti rimase. Tanto più alimentata dalle sue ultime opere in cui il premio Nobel tornava a criticare il potere dei nuovi oligarchi e la decadenza della Russia contemporanea. Inoltre aveva appoggiato in modo dichiarato la chiesa ortodossa esprimendo sentimenti fortemente patriottici e condannando anche nel 1999 i bombardamenti della Nato in Serbia nella guerra dei Kosovo, paragonandoli a quelli di Hitler. Soltanto dopo il 2000 Solzhenitsin si era in parte riconciliato con il suo amato paese incontrando per la prima volta il presidente Vladimir Putin.

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