giovedì, giugno 19, 2008

Neri a metà

« La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattromila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso »
(
Fabrizio De André, 1996)
Sarà il clima, sarà perchè la Sardegna storicamente ha sempre avuto a che fare con genti provenienti da diverse culture, ma a Cagliari il problema del razzismo sembra quasi non esistere.
Domenica mattina sono andato al mercatino di Viale Trento, una specie di "Porta Portese" versione locale. Ho preso l'autobus che fa una sosta proprio di fronte al mercatino e mi sono accomodato su una poltroncina. Dopo un paio di fermate è salito un vivace gruppo composto da tre donne filippine e due bambini. Il pullman era quasi pieno ma hanno trovato posto tranquillamente nei sedili posteriori. Alla fermata successiva sono saliti due anziani, marito e moglie. Quasi subito le due donne filippine hanno fatto alzare i bambini per far sedere i due anziani vicino a loro. La donna ha ringraziato e ha iniziato a conversare con una delle due donne filippine, che, pur in uno stentato italiano, ha risposto alle domande dell'anziana donna. La simpatica scenetta è andata avanti sino al momento in cui il gruppo di filippini è sceso dall'autobus.
Più tardi, mentre giravo tra le bancarelle del mercatino, notavo come, in maniera cordiale, extracomunitari e cittadini italiani dividissero tranquillamente gli spazi e in alcuni casi scambiavano pure quattro chiacchiere. Un cosa che mi ha piacevolmente colpito è stato vedere un ragazzo sardo (la cadenza era inequivocabile) e uno di colore dividere la stessa bancarella.L'ultima tappa della mia passeggiata mattutina è stato il quartiere della Marina, che dà sul porto di Cagliari. Da anni in questo quartiere si sono insediati decine di negozi di pakistani, cinesi, indiani, senegalesi, etc.
E' davvero un bel vedere questo miscuglio di culture che vivono insieme rispettandosi reciprocamente.
Speriamo che duri.

2 commenti:

silvano ha detto...

Il tuo post mi ha fatto sovvenire un'immagine di 4 o 5 anni fa. Ero in vacanza a Parigi ed andai a visitare il quartiere di Belleville, seguendo la suggestione letteraria di Pennac.
Mi rimase impresso il colore e la vita dei negozi, piccolissime botteghe, che si susseguivano una dopo l'altra senza soluzione di continuità. Erano tutte botteghe tunisine, algerine, marocchine, greche, si potrebbe dire che c'era il mondo. La cosa che mi lasciò senza fiato e che ricorderò sempre fu una bottega isreliana, con la sua bella bandiera, incastonata in mezzo ad una moltitudine araba, in pacifica convivenza. Bella immagine. Non avevo con me la macchina fotografica. Purtroppo.
ciao.

Unknown ha detto...

@Silvano
Un bel anedotto. Questo dimostra che in fondo le varie popolazioni non sono razziste di per se. Ma è la cattiva gestione dell'ordine pubblico e la cattiva informazione che trasforma persone tranquille in potenziali razzisti.
Poi ci sono sempre gli xenofobi di turno a cui non bisogna concedere nessuno spazio e che bisogna ridicolizzare ogni volta che aprono bocca per dire le loro solite stronzate.